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LA CATTEDRALE (fonte Wikipedia)

La Cattedrale di Palermo è un grandioso complesso architettonico composto in diversi stili, dovuti alle varie fasi di costruzione.

Eretta nel 1185 dall'arcivescovo Gualtiero Offamilio sull'area della prima basilica che i Saraceni avevano trasformato in moschea, ha subito nel corso dei secoli vari rimaneggiamenti; l'ultimo è stato alla fine del Settecento, quando, in occasione del consolidamento strutturale, si rifece radicalmente l'interno su progetto di Ferdinando Fuga.

Nel 1767 infatti, l'arcivescovo Filangieri aveva commissionato a Ferdinando Fuga un restauro conservativo dell'edificio, teso solamente a consolidarne la struttura. I lavori ebbero inizio solo dal 1781, eseguiti non dal Fuga ma dal palermitano Giuseppe Venanzio Marvuglia e durarono fino al XIX secolo inoltrato. I rifacimenti del Marvuglia furono in realtà molto più invasivi e radicali dei progetti dell'architetto fiorentino, che pensava invece di conservare, almeno in parte, il complesso longitudinale delle navate e l'originario soffitto ligneo. Il restauro intervenne a cambiare l'aspetto originario del complesso, dotando la chiesa della caratteristica ma discordante cupola, eseguita secondo i disegni del Fuga. Fu in quest'occasione che si distrusse la preziosa tribuna che Antonello Gagini aveva innalzato all'inizio del XVI secolo e che era ornata di statue, fregi e rilievi. Anche le pittoresche cupolette maiolicate destinate alla copertura delle navate laterali risalgono al rifacimento del 1781.

 
Il prospetto.

Il fianco destro della costruzione, con le caratteristiche torrette avanzate e l'ampio portico in stile gotico-catalano (l'attuale accesso), eretto intorno al 1465, si affaccia sulla piazza. Il portale di questo ingresso è opera magnifica di Antonio Gambara, eseguita nel 1426, mentre i meravigliosi battenti lignei sono del Miranda (1432). La Madonna a mosaico è del XIII secolo; i due monumenti alle pareti, opere del primo Settecento, rappresentano Carlo III di Borbone a destra e Vittorio Amedeo II di Savoia a sinistra.

La parte absidale stretta fra le torricelle è quella più originale del XII secolo, mentre la parte più manomessa è il fianco sinistro, dove si apre un bel portale gaginesco degli inizi del Cinquecento.

La facciata sud-occidentale, che guarda l'arcivescovado, va riferita ai secoli XIV-XV.

L'interno è a croce latina, a tre navate e diviso da pilastri. Nelle prime due cappelle della navata di destra ci sono le tombe degli imperatori e dei reali quivi sistemati nel Settecento, dopo il restauro, spostati dal loro sito originario che, comunque, era nella medesima basilica.

 
Il sarcofago di Federico II nella Cattedrale di Palermo. Dietro si intravede il sarcofago di Ruggero II.

Nel sarcofago romano posto sul muro di destra, vi sono le spoglie di Costanza, sorella del re d'Aragona e moglie di Federico II, morta nel 1222. Le urne, in profilo sotto il baldacchino, sono di Enrico VI, morto nel 1197 (a destra) e di Federico II, morto nel 1250 (a sinistra). Qui sono racchiuse anche le spoglie di Pietro II d'Aragona, morto nel 1338. In secondo piano, sotto i baldacchini a mosaico, vi sono le tombe di Ruggero II, morto nel 1154, e di sua figlia Costanza, morta nel 1198. Queste ultime due sono quelle che originariamente si trovavano nel transetto del Duomo di Cefalù.

A destra del presbiterio si trova la cappella di Santa Rosalia, patrona di Palermo, con le reliquie e l'urna d'argento, opera seicentesca di Matteo Lo Castro, Francesco Ruvolo e Giancola Viviano.

Oltre al coro ligneo in stile gotico-catalano del 1466 e ai resti marmorei della tribuna gaginiana riadattati, di alto interesse artistico sono la statua marmorea della Madonna con Bambino di Francesco Laurana, eseguita insieme ad altri aiuti nel 1469, la pregiata acquasantiera (posta al quarto pilastro) opera incerta di Domenico Gagini e la Madonna della Scala eseguita nel 1503 da Antonello Gagini e posta sull'altare della sacrestia nuova.

 
L'interno dopo il rifacimento del 1781.

 

 
L'abside esterna.

La cattedrale è fiancheggiata da quattro torri d'epoca normanna, sovrastata da una cupola. A sud è collegata al Palazzo Arcivescovile con due grandi arcate ogivali si cui s'innalza la torre campanaria con l’orologio.

La facciata principale sulla Via Bonello presenta decorazioni dovute a maestri lapicidi (scultori della pietra) trecenteschi e quattrocenteschi. L'aspetto goticheggiante deriva dalla presenza delle torri a bifore e colonnine e dalle merlature ad archetti che corrono lungo tutto il fianco destro della costruzione.

L'interno, che ha subito profonde trasformazioni tra la fine del Settecento e i primi dell’Ottocento, è a croce latina con tre navate divise da pilastri con statue di santi che facevano parte della decorazione della tribuna del Gagini.

Nella navata destra, la prima e la seconda cappella, comunicanti fra di loro, custodiscono le tombe imperiali e reali dei normanni, intorno alle quali ruota una storia romanzesca e ricca d'interesse. Ruggero II, re dal 1130, aveva stabilito già nel 1145 che il Duomo di Cefalù da lui fondato diventasse il mausoleo della famiglia reale. In tal senso aveva predisposto la sistemazione di due sarcofagi in porfido, un granito molto prezioso e di notevole durezza, originario dell'Egitto, dal colore rosso cupo che, nell'antichità, era usato esclusivamente per le commissioni imperiali. Alla sua morte nel 1154, però, egli venne sepolto nella cattedrale di Palermo in un avello di porfido dalla forma molto più semplice. Nel 1215 Federico II fece trasportare i due sarcofagi da Cefalù alla cattedrale di Palermo destinandoli a sé e al padre Enrico VI. Il sarcofago di Federico II è sormontato da un baldacchino con colonne in porfido e l'urna è sorretta da due coppie di leoni; insieme a quelli di Federico II sono stati conservati anche i resti di Pietro II d’Aragona.

Le altre tombe sono quelle di Costanza, sorella del re d'Aragona e moglie di Federico II, di Gugliemo, duca d'Atene figlio di Federico III d'Aragona, e dell’imperatrice Costanza d'Altavilla, figlia di Ruggero II.

A destra del presbiterio è la Cappella di Santa Rosalia con l'altare che custodisce l'urna argentea seicentesca, contenente le reliquie della patrona di Palermo. Le pareti laterali sono abbellite da grandi rilievi marmorei, in stile neoclassico, con immagini della santa.

Da ricordare anche il ricco Altare del Sacramento, in bronzo, lapislazzulo e marmi colorati, opera del XVII secolo realizzata su disegno di Cosimo Fanzago.

Sul pavimento della navata centrale, davanti all'altare maggiore, è stata realizzata, durante i rifacimenti moderni, una meridiana in marmo con tarsie colorate che rappresentano i segni zodiacali.

Nel presbiterio si dispone il bellissimo coro ligneo tardo-quattrocentesco in stile gotico-catalano e il trono episcopale, ricomposto in parte con frammenti d'antichi mosaici del XII secolo. Nella chiesa si conservano affreschi e tele di Mariano Rossi, dei Gagini ed opere del Laurana.

In alcuni ambienti è esposto il Tesoro della Cattedrale: paramenti sacri dal XVI al XVIII secolo, paliotti, ostensori, calici, un breviario miniato del Quattrocento, la tiara d'oro di Costanza d'Aragona (prelevata dal suo sepolcro), splendido esempio di gioielleria medievale con smalti, ricami, gemme e perle. Altri oggetti preziosi, smalti, ricami e gioielli, sono esposti nelle bacheche centrali come per esempio il breviario membranaceo del 1452 con lo stemma dell'Arcivescovo Simone da Bologna, miniato dal pittore Guglielmo da Pesaro e da altri miniatori; il calice di tipologia madonita della seconda metà del XV secolo; il reliquario architettonico del XV secolo caratterizato da guglie e pinnacoli che rinviano allo stile gotico-catalano dell'epoca oppure il calice seicentesco ornato da smalti policroni e gemme, opera dell'orafo palermitano Don Camillo Barbavara.

Dal lato sinistro della cattedrale s'accede alla cripta con le volte a crociera sostenute da colonne di granito: questo luogo di grande suggestione contiene le tombe e i sarcofagi d'età romana. Tra i personaggi famosi racchiusi in questa cripta, va ricordato l'arcivescovo Giovanni Paternò, morto nel 1511, che fu il mecenate di Antonello Gagini il quale ne scolpì la commovente immagine giacente.

In questa cattedrale, sintesi di storia e di arte dell'ultimo millennio, furono anche incoronati Vittorio Amedeo II di Savoia e Carlo III di Borbone, figure importanti della storia siciliana.

STORIE PRODOTTI SICILIANI
CANNOLO (fonte Wikipedia):
cannoli sono una delle specialità più conosciute della pasticceria siciliana.

In origine venivano preparati in occasione del carnevale; col passare del tempo la preparazione ha perso il suo carattere di occasionalità ed ha conosciuto una notevolissima diffusione sul territorio nazionale, divenendo in breve un rinomato esempio dell'arte pasticcera italiana nel mondo.

Si compone di una cialda di pasta fritta (detta scòrza e lunga da 15 a 20 cm con un diametro di 4-5 cm) ed un ripieno a base di ricotta.
Per la scorza, si formano piccoli dischi di pasta (fatta di farina di grano tenero, vino, zucchero e strutto) che vengono arrotolati su piccoli tubi di metallo e poi fritti, tradizionalmente nello strutto, oggi anche in grassi meno costosi.
Prima delle moderne leggi in materia d'igiene, la pasta veniva arrotolata su piccoli cilindri ritagliati da canne, che diedero il nome al dolce.

Il ripieno tradizionale consiste di ricotta di pecora setacciata e zuccherata, ma recentemente alcune pasticcerie hanno iniziato a produrne anche con ricotta di mucca, pur meno saporita di quella ovina, con crema pasticciera o crema di cioccolato. Ci sono poi differenze locali, che prevedono l'aggiunta di pezzi di cioccolato o di canditi o granella di nocciole.
Il cannolo farcito viene poi spolverato di zucchero a velo.

I cannoli vanno riempiti al momento di mangiarli; questo perché, con il passar del tempo, l'umidità della ricotta viene assorbita dalla cialda facendole perdere la sua croccantezza. Allo scopo di evitare questo inconveniente alcuni pasticcieri fanno colare del cioccolato fuso all'interno del cannolo per far si che lo stesso non si impregni e quindi rimanga croccante per più tempo
CASSATA(fonte Wikipedia):
Una cassata siciliana (dall'arabo qas'at, "bacinella" o dal latino caseum, "formaggio") è una torta tradizionale siciliana a base di ricotta zuccherata, pan di Spagna, pasta reale, frutta candita e glassa di zucchero.

Nonostante l'apparente semplicità della ricetta, esistono innumerevoli varianti locali. Specialmente l'aspetto esteriore può variare da una scarna decorazione di glassa e un po' di scorza d'arancia candita fino a una opulenta costruzione baroccheggiante con perline colorate e una mezza dozzina di frutti canditi diversi. Sempre secondo le varianti locali, ci possono essere ingredienti aggiuntivi, come pistacchio, pinoli, cioccolato, cannella, maraschino o acqua di zagara.

Una delle varianti più famose è quella dei cassateddi di sant'Aita, dolci tipici di Catania di solito preparati nel periodo della festa patronale. Si tratta di dolci a forma di mammella, fatti con pan di spagna imbevuto di liquore e farcito con crema, e ricoperti di glassa bianca con sopra una ciliegia candita. È chiara l'allegoria con le mammelle che furono asportate alla santa prima del martirio finale.
Le radici della cassata risalgono alla dominazione araba in Sicilia (IX-XI secolo). Gli arabi avevano introdotto a Palermo la canna da zucchero, il limone, il cedro, l'arancia amara, il mandarino, la mandorla. Insieme alla ricotta, che si produceva in Sicilia dai tempi preistorici, erano così riuniti tutti gli ingredienti base della cassata, che all'inizio non era che un involucro di pasta frolla farcito di ricotta zuccherata e poi infornato.

Nel periodo normanno, a Palermo presso il convento della Martorana, fu creata la pasta reale o Martorana, un impasto di farina di mandorle e zucchero, che, colorato di verde con estratti di erbe, sostituì la pasta frolla come involucro. Si passò così dalla cassata al forno a quella composta a freddo.

Gli spagnoli introdussero in Sicilia il cioccolato e il pan di Spagna. Durante il barocco si aggiungono infine i canditi.

Inizialmente la cassata era un prodotto della grande tradizione dolciaria delle monache siciliane ed era riservata al periodo pasquale. Un documento ufficiale[senza fonte] di un sinodo dei vescovi siciliani a Mazara del Vallo nel 1575 afferma che la cassata è "irrinunciabile durante le festività". Un proverbio siciliano recita "Tintu è cu nun mancia a cassata a matina ri pasqua" ("Meschino chi non mangia cassata la mattina di pasqua"). La decorazione caratteristica della cassata siciliana con la zuccata fu introdotta nel 1873 (in occasione di una manifestazione che si tenne a Vienna) dal pasticcere palermitano cav. Salvatore Gulì, il quale aveva un laboratorio nel centralissimo corso Vittorio Emanuele a Palermo

ARANCINE (fonte Wikipedia):
L' arancina (o arancinu) è una dî spicialità di la cucina siciliana ntra li cchiù canusciuti. Si tratta di na palla di risu, di 8-10 centìmitri, jincuta di na cumpusizzioni di sarsa, di furmaggiu picurinu, nu pezzu nicu di carni e, a voti, nu quartu di ovu duru o piseddi, lu tuttu misu a friiri nta l'ogghiu. Na vota ca lu risu pigghia lu culuri di n'arancia, si pô nèsciri e si pô manciari.

La forma cancia a secunna di li zoni: ntâ zona di Palermu, pigghia la forma di na badduzza tunna e si chiama arancina; ntâ zona di Catania pigghia la forma di na palla pizzuta e si chiama arancinu.

S'hannu a manciari p'afforza caudi.

Lu pirsunaggiu di li libbra di Andrea Camilleri, lu cummissariu Montalbanu, è un manciaturi di arancini e fôru sti libbra a fari accanùsciri l'arancini nta tuttu lu munnu.

A parti chidda tradizziunali, ci sunnu àutri tipi: ô burru, chî funci, chî spinaci, chî milinciani (chiamatu a la Norma, comu l'òpira immurtali di lu granni Vicenzu Bellini).

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