CHIESA SANTA MARIA DELLA CATENA (fonte Wikipedia)

La Chiesa di Santa Maria della Catena si trova nei pressi della Cala a Palermo.
Venne costruita nel 1490-1520 ad opera dell'architetto Matteo Carnilivari e prese questo nome poiché su un muro della chiesa era posta un'estremità della catena che chiudeva il porto della Cala. L'opera è un perfetto connubio di elementi tardo rinascimentali e gotico-catalani, quest'ultimi visibili soprattutto nella loggia tripartita da archi posta in cima a una scalinata, inizialmente a due rampe, aggiunta nel 1845. L'interno, con caratteristiche che si rifanno al gotico rinascimentale, presenta una Natività con Adorazione dei Pastori, tela del XVII secolo di autore ignoto e una Natività e Adorazione dei Magi, bassorilievi del XVI secolo attribuiti a Vincenzo ed Antonello Gagini che scolpirono anche i capitelli delle colonne e i portali d'ingresso. Annessa alla chiesa vi è la casa conventuale del 1602 che dal 1844 è sede dell' Archivio di Stato.
In principio vi era solo una piccola cappelletta votiva a cui vi era attaccata una catena che chiudeva il porto per difesa contro i nemici. Si pensa che il nome di "catena" derivi da ciò. Un'altra storia narra che, il nome di "catena" deriva da un miracolo: nel XIV sec., alcuni prigionieri condannati ingiustamente, hanno chiesto alla " Vergine delle grazie " il miracolo di essere liberati dalle catene. La loro richiesta venne esaudita e le catene si sciolsero da sole. La notizia del miracolo si diffuse rapidamente nella città e in tutta l'isola e cominciarono ad arrivare i pellegrini portando doni i quali costituirono il tesoro tale da arrivare alla costuzione della attuale chiesa da parte del Carnalivari.
In questa chiesa, come in molte altre palermitane, si ritrovano nello stesso monumento diversi stili architettonici; qui troviamo: il gotico-catalano, il rinacimentale siciliano e il normanno. Il gotico-catalano e il rinascimentale, lì ritroviamo nelle colonne e negli archi, mentre il normanno nella planimetria della chiesa. All'interno della chiesa, si nota di più il contrasto tra gotico e il rinascimentale, poiché vi sono nelle 3 navate (di architettura normanna) gli archi rinascimentali riabbassati rispetto a quelli gotici, che ritroviamo nel doppio transetto, molto più rialzati e a punta. Tutte e 3 le absidi sono ottagonali.
Appena entrati nella chiesa, sulla destra troviamo delle cappelle: la prima è dedicata a S. Brigida e vi troviamo: al centro una tela di pittore ignoto del XVII sec. che raffigura la santa in gloria,mentre ai lati e sul soffitto vi sono degli affreschi risalenti al XVIII sec. di Olivio Sozzi che raffigurano rispettivamente: sulla sinistra la vergine che incorana S. Brigida, sulla destra il Cristo che gli mostra il suo costato insanguinato e sul soffitto la santa in gloria.
Nella seconda cappella, troviamo la ex cappella votiva: difatti se si danno le spalle all'affresco si vede una porta, ormai chiusa, che ai tempi era l'ingresso vecchio della chiesa. L'affresco che vi è in questa cappella risale al XIV sec. ed è l'affresco al quale i prigionieri chiesero la grazia di essere liberati. Questo è molto particolare perché vi è la Vergine che tiene Gesù bambino in braccio il quale non è bambino, bensì è un adulto rimpicciolito a stazza di bambino che allatta dalla madre, perché secondo i greci Gesù, essendo stato sempre molto saggio, non poteva mai essere stato bambino piccolo. Difatti ha anche la testa calva per evidenziare la sua saggezza. Ai lati di questo affresco vi sono delle pitture che in principio l'avevano ricoperto nel XV sec., ma poi, grazie agli ultimi restauri l'hanno riportato in vita. Ai 4 angoli della cappella vi sono le 4 ex protettrici dei 4 ex quartieri della Palermo vecchia, che sono: angolo sinisto accanto l'altare con l'affresco S. Margherita; angolo destro accanto l'altare S. Ninfa; angolo sinistro in fronte all'affresco S. Barbara e lato destro in fronte all'affresco S. Oliva. Tutte le statue sono attribuite al Gagini.
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STORIE PRODOTTI SICILIANI |
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CANNOLO (fonte Wikipedia):
cannoli sono una delle specialità più conosciute della pasticceria siciliana.
In origine venivano preparati in occasione del carnevale; col passare del tempo la preparazione ha perso il suo carattere di occasionalità ed ha conosciuto una notevolissima diffusione sul territorio nazionale, divenendo in breve un rinomato esempio dell'arte pasticcera italiana nel mondo.
Si compone di una cialda di pasta fritta (detta scòrza e lunga da 15 a 20 cm con un diametro di 4-5 cm) ed un ripieno a base di ricotta.
Per la scorza, si formano piccoli dischi di pasta (fatta di farina di grano tenero, vino, zucchero e strutto) che vengono arrotolati su piccoli tubi di metallo e poi fritti, tradizionalmente nello strutto, oggi anche in grassi meno costosi.
Prima delle moderne leggi in materia d'igiene, la pasta veniva arrotolata su piccoli cilindri ritagliati da canne, che diedero il nome al dolce.
Il ripieno tradizionale consiste di ricotta di pecora setacciata e zuccherata, ma recentemente alcune pasticcerie hanno iniziato a produrne anche con ricotta di mucca, pur meno saporita di quella ovina, con crema pasticciera o crema di cioccolato. Ci sono poi differenze locali, che prevedono l'aggiunta di pezzi di cioccolato o di canditi o granella di nocciole.
Il cannolo farcito viene poi spolverato di zucchero a velo.
I cannoli vanno riempiti al momento di mangiarli; questo perché, con il passar del tempo, l'umidità della ricotta viene assorbita dalla cialda facendole perdere la sua croccantezza. Allo scopo di evitare questo inconveniente alcuni pasticcieri fanno colare del cioccolato fuso all'interno del cannolo per far si che lo stesso non si impregni e quindi rimanga croccante per più tempo
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CASSATA(fonte Wikipedia):
Una cassata siciliana (dall'arabo qas'at, "bacinella" o dal latino caseum, "formaggio") è una torta tradizionale siciliana a base di ricotta zuccherata, pan di Spagna, pasta reale, frutta candita e glassa di zucchero.
Nonostante l'apparente semplicità della ricetta, esistono innumerevoli varianti locali. Specialmente l'aspetto esteriore può variare da una scarna decorazione di glassa e un po' di scorza d'arancia candita fino a una opulenta costruzione baroccheggiante con perline colorate e una mezza dozzina di frutti canditi diversi. Sempre secondo le varianti locali, ci possono essere ingredienti aggiuntivi, come pistacchio, pinoli, cioccolato, cannella, maraschino o acqua di zagara.
Una delle varianti più famose è quella dei cassateddi di sant'Aita, dolci tipici di Catania di solito preparati nel periodo della festa patronale. Si tratta di dolci a forma di mammella, fatti con pan di spagna imbevuto di liquore e farcito con crema, e ricoperti di glassa bianca con sopra una ciliegia candita. È chiara l'allegoria con le mammelle che furono asportate alla santa prima del martirio finale.
Le radici della cassata risalgono alla dominazione araba in Sicilia (IX-XI secolo). Gli arabi avevano introdotto a Palermo la canna da zucchero, il limone, il cedro, l'arancia amara, il mandarino, la mandorla. Insieme alla ricotta, che si produceva in Sicilia dai tempi preistorici, erano così riuniti tutti gli ingredienti base della cassata, che all'inizio non era che un involucro di pasta frolla farcito di ricotta zuccherata e poi infornato.
Nel periodo normanno, a Palermo presso il convento della Martorana, fu creata la pasta reale o Martorana, un impasto di farina di mandorle e zucchero, che, colorato di verde con estratti di erbe, sostituì la pasta frolla come involucro. Si passò così dalla cassata al forno a quella composta a freddo.
Gli spagnoli introdussero in Sicilia il cioccolato e il pan di Spagna. Durante il barocco si aggiungono infine i canditi.
Inizialmente la cassata era un prodotto della grande tradizione dolciaria delle monache siciliane ed era riservata al periodo pasquale. Un documento ufficiale[senza fonte] di un sinodo dei vescovi siciliani a Mazara del Vallo nel 1575 afferma che la cassata è "irrinunciabile durante le festività". Un proverbio siciliano recita "Tintu è cu nun mancia a cassata a matina ri pasqua" ("Meschino chi non mangia cassata la mattina di pasqua"). La decorazione caratteristica della cassata siciliana con la zuccata fu introdotta nel 1873 (in occasione di una manifestazione che si tenne a Vienna) dal pasticcere palermitano cav. Salvatore Gulì, il quale aveva un laboratorio nel centralissimo corso Vittorio Emanuele a Palermo
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ARANCINE (fonte Wikipedia):
L' arancina (o arancinu) è una dî spicialità di la cucina siciliana ntra li cchiù canusciuti. Si tratta di na palla di risu, di 8-10 centìmitri, jincuta di na cumpusizzioni di sarsa, di furmaggiu picurinu, nu pezzu nicu di carni e, a voti, nu quartu di ovu duru o piseddi, lu tuttu misu a friiri nta l'ogghiu. Na vota ca lu risu pigghia lu culuri di n'arancia, si pô nèsciri e si pô manciari.
La forma cancia a secunna di li zoni: ntâ zona di Palermu, pigghia la forma di na badduzza tunna e si chiama arancina; ntâ zona di Catania pigghia la forma di na palla pizzuta e si chiama arancinu.
S'hannu a manciari p'afforza caudi.
Lu pirsunaggiu di li libbra di Andrea Camilleri, lu cummissariu Montalbanu, è un manciaturi di arancini e fôru sti libbra a fari accanùsciri l'arancini nta tuttu lu munnu.
A parti chidda tradizziunali, ci sunnu àutri tipi: ô burru, chî funci, chî spinaci, chî milinciani (chiamatu a la Norma, comu l'òpira immurtali di lu granni Vicenzu Bellini).
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