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PALAZZO "STERI" CHIAROMONTE (fonte Wikipedia)

Il Palazzo Chiaramonte (detto anche Steri, da Hosterium, palazzo fortificato), si trova Piazza Marina a Palermo.

Iniziato nei primi anni del XIV secolo, fu la grande dimora di Manfredi Chiaramonte, conte dell'immenso e potente feudo di Modica (detto " Regnum in Regno" per i suoi privilegi), alla cui committenza si deve il soffitto della Sala Magna. Dagli inizi del XV secolo al 1517 fu residenza dei Viceré spagnoli, poi sede della Regia Dogana e, dal 1600 al 1782, ospitò il tribunale dell’Inquisizione. Restaurato negli anni '50 dall'architetto Carlo Scarpa e da altri architetti palermitani, è oggi sede del Rettorato dell'Università degli studi di Palermo.

Il restauro novecentesco fu assai contestato. Il primo responsabile dei lavori, l'architetto Giuseppe Spatrisano, lasciò l'incarico in polemica con altri professionisti palermitani, per la loro decisione di eliminare alcuni tra i segni fondamentali della storia del Palazzo, come la Scala dei Baroni, l'antico orologio, la piattaforma dei condannati, le gabbie interne, e tutto ciò che in qualche potesse ricordare i suoi orribili trascorsi, legati all'Inquisizione.

Di pianta quadrata e massiccia volumetria, il palazzo segna il passaggio fra il castello medievale e il palazzo patrizio. La rigorosa cortina muraria esterna è impreziosita da bifore e trifore con tarsie in pietra lavica. Studiosi, durante gli attuali restauri, hanno individuato anche un passaggio segreto che dalle celle conduceva direttamente alla Stanza dell'Inquisitore.

Un'altra scoperta significativa riguarda l'esistenza di un edificio monumentale sotterraneo di sette metri di lunghezza con una imponente copertura con volte a crociera, marcate da massicce costolature. L'edificazione di questa struttura si pone nel primo quarto del XIV secolo e all'interno sono stati recuperati reperti e graffiti addirittura precedenti di tre secoli.

Durante il restauro della facciata inoltre sono venuti alla luce i solchi lasciati dalle pesanti gabbie appese dove vennero esposte le teste dei baroni che si ribellarono a re Carlo V

La Sala Magna, detta anche dei Baroni, risplende dei dipinti del soffitto ligneo eseguito fra il 1377 e il 1380, realizzato da Cecco di Naro, Simone da Corleone e Pellegrino Darena da Palermo.

Nelle rappresentazioni vanno rilevate le tracce di quel vastissimo repertorio figurativo che, per i temi moralistici e didascalici, rivela un’immagine fedele della società isolana del Trecento. Fra i tanti temi trattati, i tornei cavallereschi, l’esaltazione della donna e la rivisitazione del passato nel suo momento di massima esaltazione epica e romanzesca: un repertorio d’immagini e di motivi decorativi.

Nelle prigioni dello Steri dove per quasi due secoli gli uomini dell'Inquisizione, interrogarono, torturarono e uccisero migliaia di uomini e donne, tra ebrei o semplici sospetti di comportamenti giudaizzanti, frati, suore, innovatori, libertari, nemici dell'ortodossia politica e semplici poveracci, rimangono preziosi graffiti dei carcerati, testimonianza unica delle sofferenze patite sotto quella istituzione dell'ancién regime.

Presto nascerà un polo museale. Una scelta legata anche alle recenti sorprese. In tre delle celle al piano terra, che ospitavano le recluse, sono infatti venuti alla luce nuovi graffiti completamente sconosciuti: disegni di figure umane e invocazioni delle prigioniere accusate di stregoneria.

Sulla natura e sugli scopi del polo museale è in atto un dibattito, tra chi vorrebbe dedicarlo all'Inquisizione, e chi, invece, vorrebbe fare dello Steri un Museo della Shoah siciliana, che in seguito all'editto di Ferdinando e Isabella di Castiglia (1492) provocò, tra gli ebrei isolani, migliaia di morti (uccisi dall'Inquisizione e in numerosi pogrom) e l'esodo di decine di migliaia di persone.

Messaggi e graffiti oggi rivivono grazie al lavoro di un gruppo di ricercatori dell'Ufficio tecnico dell'Università di Palermo guidati dall'ingegnere Antonino Catalano.

I graffiti sono venuti fuori, sotto l'intonaco, nel corso dei lavori di restauro dell'intero complesso, finanziati con fondi europei. Oltre alla scritta straziante in dialetto è affiorato pure parte di un dipinto che raffigura la prua di una nave e un inquisitore con il campanaccio in mano.

Tra i graffiti, resistono anche alcune tra le pochissime testimonianze della presenza ebraica nell'Isola.

 
Graffiti nella sala delle udienze
 
Iscrizioni dei detenuti

STORIE PRODOTTI SICILIANI
CANNOLO (fonte Wikipedia):
cannoli sono una delle specialità più conosciute della pasticceria siciliana.

In origine venivano preparati in occasione del carnevale; col passare del tempo la preparazione ha perso il suo carattere di occasionalità ed ha conosciuto una notevolissima diffusione sul territorio nazionale, divenendo in breve un rinomato esempio dell'arte pasticcera italiana nel mondo.

Si compone di una cialda di pasta fritta (detta scòrza e lunga da 15 a 20 cm con un diametro di 4-5 cm) ed un ripieno a base di ricotta.
Per la scorza, si formano piccoli dischi di pasta (fatta di farina di grano tenero, vino, zucchero e strutto) che vengono arrotolati su piccoli tubi di metallo e poi fritti, tradizionalmente nello strutto, oggi anche in grassi meno costosi.
Prima delle moderne leggi in materia d'igiene, la pasta veniva arrotolata su piccoli cilindri ritagliati da canne, che diedero il nome al dolce.

Il ripieno tradizionale consiste di ricotta di pecora setacciata e zuccherata, ma recentemente alcune pasticcerie hanno iniziato a produrne anche con ricotta di mucca, pur meno saporita di quella ovina, con crema pasticciera o crema di cioccolato. Ci sono poi differenze locali, che prevedono l'aggiunta di pezzi di cioccolato o di canditi o granella di nocciole.
Il cannolo farcito viene poi spolverato di zucchero a velo.

I cannoli vanno riempiti al momento di mangiarli; questo perché, con il passar del tempo, l'umidità della ricotta viene assorbita dalla cialda facendole perdere la sua croccantezza. Allo scopo di evitare questo inconveniente alcuni pasticcieri fanno colare del cioccolato fuso all'interno del cannolo per far si che lo stesso non si impregni e quindi rimanga croccante per più tempo
CASSATA(fonte Wikipedia):
Una cassata siciliana (dall'arabo qas'at, "bacinella" o dal latino caseum, "formaggio") è una torta tradizionale siciliana a base di ricotta zuccherata, pan di Spagna, pasta reale, frutta candita e glassa di zucchero.

Nonostante l'apparente semplicità della ricetta, esistono innumerevoli varianti locali. Specialmente l'aspetto esteriore può variare da una scarna decorazione di glassa e un po' di scorza d'arancia candita fino a una opulenta costruzione baroccheggiante con perline colorate e una mezza dozzina di frutti canditi diversi. Sempre secondo le varianti locali, ci possono essere ingredienti aggiuntivi, come pistacchio, pinoli, cioccolato, cannella, maraschino o acqua di zagara.

Una delle varianti più famose è quella dei cassateddi di sant'Aita, dolci tipici di Catania di solito preparati nel periodo della festa patronale. Si tratta di dolci a forma di mammella, fatti con pan di spagna imbevuto di liquore e farcito con crema, e ricoperti di glassa bianca con sopra una ciliegia candita. È chiara l'allegoria con le mammelle che furono asportate alla santa prima del martirio finale.
Le radici della cassata risalgono alla dominazione araba in Sicilia (IX-XI secolo). Gli arabi avevano introdotto a Palermo la canna da zucchero, il limone, il cedro, l'arancia amara, il mandarino, la mandorla. Insieme alla ricotta, che si produceva in Sicilia dai tempi preistorici, erano così riuniti tutti gli ingredienti base della cassata, che all'inizio non era che un involucro di pasta frolla farcito di ricotta zuccherata e poi infornato.

Nel periodo normanno, a Palermo presso il convento della Martorana, fu creata la pasta reale o Martorana, un impasto di farina di mandorle e zucchero, che, colorato di verde con estratti di erbe, sostituì la pasta frolla come involucro. Si passò così dalla cassata al forno a quella composta a freddo.

Gli spagnoli introdussero in Sicilia il cioccolato e il pan di Spagna. Durante il barocco si aggiungono infine i canditi.

Inizialmente la cassata era un prodotto della grande tradizione dolciaria delle monache siciliane ed era riservata al periodo pasquale. Un documento ufficiale[senza fonte] di un sinodo dei vescovi siciliani a Mazara del Vallo nel 1575 afferma che la cassata è "irrinunciabile durante le festività". Un proverbio siciliano recita "Tintu è cu nun mancia a cassata a matina ri pasqua" ("Meschino chi non mangia cassata la mattina di pasqua"). La decorazione caratteristica della cassata siciliana con la zuccata fu introdotta nel 1873 (in occasione di una manifestazione che si tenne a Vienna) dal pasticcere palermitano cav. Salvatore Gulì, il quale aveva un laboratorio nel centralissimo corso Vittorio Emanuele a Palermo

ARANCINE (fonte Wikipedia):
L' arancina (o arancinu) è una dî spicialità di la cucina siciliana ntra li cchiù canusciuti. Si tratta di na palla di risu, di 8-10 centìmitri, jincuta di na cumpusizzioni di sarsa, di furmaggiu picurinu, nu pezzu nicu di carni e, a voti, nu quartu di ovu duru o piseddi, lu tuttu misu a friiri nta l'ogghiu. Na vota ca lu risu pigghia lu culuri di n'arancia, si pô nèsciri e si pô manciari.

La forma cancia a secunna di li zoni: ntâ zona di Palermu, pigghia la forma di na badduzza tunna e si chiama arancina; ntâ zona di Catania pigghia la forma di na palla pizzuta e si chiama arancinu.

S'hannu a manciari p'afforza caudi.

Lu pirsunaggiu di li libbra di Andrea Camilleri, lu cummissariu Montalbanu, è un manciaturi di arancini e fôru sti libbra a fari accanùsciri l'arancini nta tuttu lu munnu.

A parti chidda tradizziunali, ci sunnu àutri tipi: ô burru, chî funci, chî spinaci, chî milinciani (chiamatu a la Norma, comu l'òpira immurtali di lu granni Vicenzu Bellini).

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