IERI OGGI
 
VIA ROMA (fonte Wikipedia)
La via collega la Stazione Centrale al Teatro Politeama tagliando la strade del Cassaro e Piazza San Domenico dove si trova l'omonima chiesa. Ai lati della via sono stati costruiti negli anni molti edifici, tra cui le sedi di alcune banche, il Palazzo delle Poste, il teatro Biondo. Attualmente sono presenti negozi dei marchi più famosi ed un centro commerciale.
La zona attualmente nota come via Roma fino alla fine dell'Ottocento era composta da palazzi di edilizia popolare e vi si trovavano alcuni dei quartieri più poveri della città.
Dopo l'Unità d'Italia la città cominciò un grande periodo architettonico per festeggiare l'evento, in questo programma architettonico erano compresi, tra le altre cose la costruzione del Teatro Massimo e la creazione di grandi arterie all'interno della città vecchia per migliorare la viabilità. L'idea iniziale erano quattro strade che dividessero i Quattro mandamenti in secidi, per fortuna il piano non si intraprese ma venne attuato solo quello di riserva che prevedeva l'unione della nuova Stazione Centrale con i quartieri nuovi e con il Porto. Un primo piano redatto dall’ufficio tecnico comunale nel 1866 rimane disatteso. Molta più fortuna avranno invece i due piani regolatori del 1884 e del 1885, il primo porta la firma ancora di Castiglia, il secondo di Giarruso.
“Il Piano regolatore di risanamento” di Felice Giarruso, in particolare, propone un’espansione urbana intorno al centro storico con tracciati viari a angolo retto. Lo sviluppo più marcato si ha in direzione Nord lungo l’asse viario alberato di Via Libertà, già tracciato nei piani per l’edilizia approntati degli ultimi anni del governo borbonico. Intorno alla via si svilupperanno i quartieri della città borghese.
La via Roma nasce come strada di collegamento fra la stazione ferroviaria e la città nuova e il porto. Certo l’opera è imponente, prevede la demolizione di palazzi nobiliari, chiese, conventi, quartieri popolari, tanto imponente da richiedere per la realizzazione complessiva un secondo piano regolatore : il “Piano di risanamento e ampliamento” sempre del Giarruso, datato 1894.
Per fare spazio alla nuova via si stravolge la planimetria complessiva del centro storico palermitano e si perdono irrimediabilmente patrimoni cittadini. Palazzo Monteleone, il giardino all’Olivella, il Complesso di Santa Rosalia, il cortile dei Gallinai, il sistema della chiesa di Montesanto, le mura dello Stazzone e dell’Itria sono esperienze architettoniche che rimangono solo nelle splendide fotografie d’epoca di Emanuele Giannone e di Edoardo Alfano. Oltre le opere distrutte, nel complesso il centro storico è rivoluzionato : il Piano Imperiale (oggi Piazza San Domenico), il mercato della Vucciria e il quartiere San Giuliano vengono stravolti dalla mastodontica impresa urbana. “Le strade della città antica si dirigono da Occidente a Levante, seguendo la direzione del displuvio delle acque, cioè dal monte al mare. La nuova è invece caratterizzata dal movimento trasversale di via Roma.
Il modello è quello della Parigi progettata dal barone Haussmann e voluta da Napoleone III. I primi sventramenti sono relativamente semplici : chiese abbandonate e vecchie abitazioni popolari. Subito oltre la chiesa di Sant’Antonio Abate, le demolizioni lasciano scoperta la zona della Amalfitania e il mercato della Vucciria. La vista di questo quartieri poveri pieni di sporcizia e di miseria non piace al gusto della borghesia moderna dell’epoca.
Questa costruzione enorme e del ‘tutto anomala’ ha le forme di un largo corridoio “laddove la curva della via Maccheronai lambisce quasi la via Roma, i primi lavori finiscono nel 1898.
Nel 1906 iniziano i lavori per un ulteriore prolungamento. Il tracciato prevede un prolungamento della Via Roma dalla piazza San Domenico fino alla via Ingham, fatta costruire dalla famiglia inglese proprio per raggiungere più agevolmente la propria abitazione da Nord e dal mare. I lavori iniziano seguendo le precise indicazioni di Giarrusso e seguendo il percorso rettilineo. Ma, subito dopo la demolizione del grande giardino dell’Olivella, avviene il colpo di scena. Seguendo le delibere comunali e le indicazioni della Sovraintendenza alle Belle Arti, all’altezza del convento dei Gesuiti, i lavori sono spostati di alcuni metri a Nord-Est verso il mare. Il punto di raccordo con via Cavour viene spostato secondo un nuovo e diverso asse. La via Roma non è più un rettilineo ‘perfetto’.
Inutile dire che si grida subito allo scandalo. Giarruso si dimette e si allontana dai lavori, l’opposizione presenta migliaia di istanze e fu istituita la prima Commissione Comunale di Inchiesta. La Commissione però è presieduta dallo stesso sindaco di Palermo, Giuseppe Tasca Lanza e dai suoi assessori e uomini fidati. Nuove proteste si levano immediatamente e nel 1908 il Governo italiano, interessatissimo a fare da paciere nella spinosa situazione, istituisce una Commissione governativa di inchiesta. La Commissione nella sua relazione e si limita a distribuire ramanzine e critiche, comminando, come detto, una complessiva assoluzione.
Rivista nell’ottica attuale, "questa fatale deviazione di via Roma non sembra così terribile. L’entusiasmo per la grande arteria cittadina, che ‘in modo moderno’ doveva correre dritta da Piazza Giulio Cesare (dove si trovava la stazione) a via Cavour, era scemato grandemente dopo le polemiche sorte in merito alle distribuzioni catastali e gli sventramenti.
Il terzo tronco viene realizzato fra il 1908 e il 1920, con una pausa durante la guerra. Il quarto tronco viene ultimato nel 1922. In quello stesso anno viene approvato il progetto di un ingresso monumentale in piazza Giulio Cesare davanti la stazione. Il progetto vincitore viene però portato a termine solo dieci anni dopo nel 1932, data che in un certo senso segna la fine della grande avventura del Taglio di via Roma.
Il terzo tronco prevedeva il taglio da via Vittorio Emanuele a via San Cristoforo. L’idea è sempre quella, come ricorda Zappulla, di realizzare una cortina di edifici lungo il rettifilo che corrispondesse alla moda e al gusto europeo dell’epoca. Certo è indubbio i lavori prodotti “anche ammettendo che nell’intenzionalità dei progettisti ci fosse un’aspirazione a un’attenta e creativa ricerca progettuale, purtroppo troppo spesse volte non diedero i risultati sperati e le realizzazioni non furono all’altezza delle premesse e dei valori relativi dei singoli progettisti.
- La via Marchese di Villabianca comunemente è nota, per la maggior parte dei palermitani, come via Roma Nuova essendo idealmente il prolungamento di questa oltre l'incrocio con via Notarbartolo.
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STORIE PRODOTTI SICILIANI |
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CANNOLO (fonte Wikipedia):
cannoli sono una delle specialità più conosciute della pasticceria siciliana.
In origine venivano preparati in occasione del carnevale; col passare del tempo la preparazione ha perso il suo carattere di occasionalità ed ha conosciuto una notevolissima diffusione sul territorio nazionale, divenendo in breve un rinomato esempio dell'arte pasticcera italiana nel mondo.
Si compone di una cialda di pasta fritta (detta scòrza e lunga da 15 a 20 cm con un diametro di 4-5 cm) ed un ripieno a base di ricotta.
Per la scorza, si formano piccoli dischi di pasta (fatta di farina di grano tenero, vino, zucchero e strutto) che vengono arrotolati su piccoli tubi di metallo e poi fritti, tradizionalmente nello strutto, oggi anche in grassi meno costosi.
Prima delle moderne leggi in materia d'igiene, la pasta veniva arrotolata su piccoli cilindri ritagliati da canne, che diedero il nome al dolce.
Il ripieno tradizionale consiste di ricotta di pecora setacciata e zuccherata, ma recentemente alcune pasticcerie hanno iniziato a produrne anche con ricotta di mucca, pur meno saporita di quella ovina, con crema pasticciera o crema di cioccolato. Ci sono poi differenze locali, che prevedono l'aggiunta di pezzi di cioccolato o di canditi o granella di nocciole.
Il cannolo farcito viene poi spolverato di zucchero a velo.
I cannoli vanno riempiti al momento di mangiarli; questo perché, con il passar del tempo, l'umidità della ricotta viene assorbita dalla cialda facendole perdere la sua croccantezza. Allo scopo di evitare questo inconveniente alcuni pasticcieri fanno colare del cioccolato fuso all'interno del cannolo per far si che lo stesso non si impregni e quindi rimanga croccante per più tempo
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CASSATA(fonte Wikipedia):
Una cassata siciliana (dall'arabo qas'at, "bacinella" o dal latino caseum, "formaggio") è una torta tradizionale siciliana a base di ricotta zuccherata, pan di Spagna, pasta reale, frutta candita e glassa di zucchero.
Nonostante l'apparente semplicità della ricetta, esistono innumerevoli varianti locali. Specialmente l'aspetto esteriore può variare da una scarna decorazione di glassa e un po' di scorza d'arancia candita fino a una opulenta costruzione baroccheggiante con perline colorate e una mezza dozzina di frutti canditi diversi. Sempre secondo le varianti locali, ci possono essere ingredienti aggiuntivi, come pistacchio, pinoli, cioccolato, cannella, maraschino o acqua di zagara.
Una delle varianti più famose è quella dei cassateddi di sant'Aita, dolci tipici di Catania di solito preparati nel periodo della festa patronale. Si tratta di dolci a forma di mammella, fatti con pan di spagna imbevuto di liquore e farcito con crema, e ricoperti di glassa bianca con sopra una ciliegia candita. È chiara l'allegoria con le mammelle che furono asportate alla santa prima del martirio finale.
Le radici della cassata risalgono alla dominazione araba in Sicilia (IX-XI secolo). Gli arabi avevano introdotto a Palermo la canna da zucchero, il limone, il cedro, l'arancia amara, il mandarino, la mandorla. Insieme alla ricotta, che si produceva in Sicilia dai tempi preistorici, erano così riuniti tutti gli ingredienti base della cassata, che all'inizio non era che un involucro di pasta frolla farcito di ricotta zuccherata e poi infornato.
Nel periodo normanno, a Palermo presso il convento della Martorana, fu creata la pasta reale o Martorana, un impasto di farina di mandorle e zucchero, che, colorato di verde con estratti di erbe, sostituì la pasta frolla come involucro. Si passò così dalla cassata al forno a quella composta a freddo.
Gli spagnoli introdussero in Sicilia il cioccolato e il pan di Spagna. Durante il barocco si aggiungono infine i canditi.
Inizialmente la cassata era un prodotto della grande tradizione dolciaria delle monache siciliane ed era riservata al periodo pasquale. Un documento ufficiale[senza fonte] di un sinodo dei vescovi siciliani a Mazara del Vallo nel 1575 afferma che la cassata è "irrinunciabile durante le festività". Un proverbio siciliano recita "Tintu è cu nun mancia a cassata a matina ri pasqua" ("Meschino chi non mangia cassata la mattina di pasqua"). La decorazione caratteristica della cassata siciliana con la zuccata fu introdotta nel 1873 (in occasione di una manifestazione che si tenne a Vienna) dal pasticcere palermitano cav. Salvatore Gulì, il quale aveva un laboratorio nel centralissimo corso Vittorio Emanuele a Palermo
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ARANCINE (fonte Wikipedia):
L' arancina (o arancinu) è una dî spicialità di la cucina siciliana ntra li cchiù canusciuti. Si tratta di na palla di risu, di 8-10 centìmitri, jincuta di na cumpusizzioni di sarsa, di furmaggiu picurinu, nu pezzu nicu di carni e, a voti, nu quartu di ovu duru o piseddi, lu tuttu misu a friiri nta l'ogghiu. Na vota ca lu risu pigghia lu culuri di n'arancia, si pô nèsciri e si pô manciari.
La forma cancia a secunna di li zoni: ntâ zona di Palermu, pigghia la forma di na badduzza tunna e si chiama arancina; ntâ zona di Catania pigghia la forma di na palla pizzuta e si chiama arancinu.
S'hannu a manciari p'afforza caudi.
Lu pirsunaggiu di li libbra di Andrea Camilleri, lu cummissariu Montalbanu, è un manciaturi di arancini e fôru sti libbra a fari accanùsciri l'arancini nta tuttu lu munnu.
A parti chidda tradizziunali, ci sunnu àutri tipi: ô burru, chî funci, chî spinaci, chî milinciani (chiamatu a la Norma, comu l'òpira immurtali di lu granni Vicenzu Bellini).
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